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Il reclutamento dei Consiglieri (perché sì, sarebbe auspicabile farlo) – 2

Il tema è: come comporre un Consiglio Direttivo presente, che partecipa, attivo e coinvolto?

Riprendendo la prima parte del post, provo a fornire qualche indicazione che, nell’esperienza, si è dimostrata utile in tal senso.

In primo luogo occorre costruire un “job profile”. Partire, cioè, dalla descrizione di chi è/chi dovrebbe essere il Consigliere ideale di cui abbiamo bisogno.

Come si fa?

Cominciamo a rispondere a qualche domanda:

– cosa deve fare un consigliere nella nostra organizzazione?

Deve essere operativo, quindi seguire in prima persona un certo ambito di lavoro?
Allora avremo bisogno di uno specialista – se ho bisogno di un consigliere che segua lo sviluppo del fundraising ha senso cercare qualcuno che ne sappia, che abbia esperienza, magari perché ha già supportato l’organizzazione con iniziative in tal senso. Un’organizzazione che abbia un piano importante di ristrutturazioni o nuove costruzioni edilizie per le quali occorre interagire con gli Enti Locali, con i tecnici e le maestranze, forse potrebbe pensare di rivolgersi ad un architetto o un ingegnere edile – nel Consiglio Direttivo dell’Associazione la Collina degli Elfi, di cui sono vicepresidente, siede un architetto, e la differenza è stata chiara a tutti gli altri consiglieri dal momento in cui ha iniziato a seguire tutto l’ambito – importante – degli ammodernamenti e ristrutturazioni.

Oppure deve essere qualcuno riconosciuto nella comunità di riferimento in cui l’organizzazione si muove? In questo caso sarà bene pensare ad un nome “di peso” che però, allo stesso tempo, sia interessato alla causa dell’organizzazione. Non ha alcun senso – lo scrivo in maniera esplicita perché più volte mi è accaduto di dibattere a lungo su questo punto in fase di rinnovo dei consigli – rivolgersi ad un nome conosciuto ma che non ha alcun rapporto/interesse rispetto alla mission e accetta solo per fare un favore a chi glielo chiede. Nel migliore dei casi, se eletto, non produrrà alcun cambiamento nello sviluppo … a meno che non siate talmente bravi da appassionarlo alla causa strada facendo (e può succedere)!

– quanto tempo dovrà dedicare, se eletto, al lavoro come Consigliere?

Questo punto è spesso (spessissimo) sottaciuto, nella convinzione che poi, in qualche modo, ci si aggiusterà. Il risultato, in questi casi, è una sedia vuota per mesi.

Essere chiari e trasparenti a monte è una grande fonte di semplificazione per il dopo.
Il messaggio “ma sì, se non puoi partecipare in qualche modo faremo” è frase che ho sentito e continuo a sentire piuttosto spesso in fase di reclutamento di possibili candidati.
I quali, per le motivazioni più varie, altrettanto spesso si lasciano convincere; solo che poi davvero non riescono a partecipare, per cui restano un nome sulla carta ma poco o quasi nulla lavoro “vero”.

Non sarebbe più onesto – e strategico, peraltro – quantificare il tipo di impegno a monte?
Quante riunioni del Consiglio si prevedono nell’arco di un anno? Una al mese segmenta i candidati in maniera diversa rispetto al riunirsi due o tre volte all’anno.
E ancora: se la risposta alla domanda di cui al punto precedente è nel senso di un consigliere operativo, questa operatività di quanto tempo (orientativamente) ha bisogno?
E poi: se il consigliere di cui ho bisogno dev’essere operativo e, quindi, impegnarsi in un certo modo per l’organizzazione, ha senso che risieda o che lavori nelle vicinanze dell’organizzazione? Perché se ci sono riunioni di Consiglio 4 volte all’anno e tutti i consiglieri sono dotati di mezzi tecnologici per le riunioni a distanza, allora va benissimo essere anche lontani. Diversamente si rischia di paralizzare l’attività del Consiglio in una quantità infinità di mail, richieste di Doodle, calendari perennemente in movimento.

E’ evidente come la risposta alla prima domanda condizioni tutto il resto. E più precisa sarà la domanda – quindi con una vera e propria griglia di partenza – più predittiva sarà la risposta.

– cosa ci si aspetta che faccia il consigliere ideale?

Che metta a disposizione dell’organizzazione (dell’attività di fundraising dell’organizzazione) il proprio patrimonio relazionale?
Che faccia promozione della mission in prima persona, con un’azione di comunicazione e condivisione, ad esempio, dei messaggi della stessa sui propri canali social? O, se ha un’attività professionale o imprenditoriale, sul proprio sito web?
Che faccia attività di fundraising in prima persona, contattando il proprio capitale relazionale e sollecitando il sostegno oppure organizzando piccoli eventi a sostegno dell’organizzazione?
Oppure che metta a disposizione le proprie competenze a supprto dell’organizzazione – penso al consigliere-notaio che dona il proprio tempo nell’ambito di una campagna lasciti, o l’architetto di cui sopra che predispone i rendering dei progetti durante il proprio tempo libero?

Per concludere, un’indicazione che, a mio parere, è fondamentale: tenete sempre, ma davvero sempre, a mente che ciascun consigliere è, prima di tutto, un ambasciatore dell’organizzazione, della sua causa, dei valori che incarna, del suo “stare nel mondo”.
Quando pensate al consigliere ideale ragionate in primo luogo su questo e chiedetevi: la persona che ho in mente potrebbe essere un ambasciatore della mia organizzazione? Se sì, procedete oltre con le domande di cui sopra – e molte altre, che vedremo in altri blogpost; diversamente aspettate un attimo prima di lanciarvi con le richieste, provate a pensare all’ambasciatore ideale e stilate un elenco di caratteristiche che la persona a cui pensate dovrebbe avere, e solo dopo andate oltre.

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